
È ora di cambiare aria. Perché i polmoni non li possiamo cambiare.
L’inquinamento atmosferico è il principale fattore di rischio ambientale per la salute in Europa. Italia fanalino di coda.
La nuova Direttiva UE fissa limiti di qualità dell’aria più vicini alle linee guida dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) .
Solo cinque anni ci separano dai nuovi limiti europei sulla qualità dell’aria, che saranno più stringenti di quelli attuali.
Ma le città italiane sono drammaticamente impreparate: l‘aria resta irrespirabile e i livelli di inquinamento attuali sono ancora troppo distanti dai parametri che entreranno in vigore nel 2030.
È quanto emerge dal nuovo report di Legambiente “Mal’Aria di città 2025” presentato lo scorso 4 febbraio.
L’Europa centro-orientale e l’Italia registrano le più alte concentrazioni di particolato fine, principalmente a causa dei combustibili solidi utilizzati per il riscaldamento domestico e del loro utilizzo nell’industria.
Il record negativo è il nostro: secondo l’Agenzia europea dell’ambiente (Aea), in Italia sono circa 49mila i decessi annuali riconducibili all’esposizione a PM2,5 sui 300.000 decessi prematuri in tutto il Vecchio Continente.
La Pianura Padana è l’area maggiormente colpita. Territorio con grandi agglomerati urbani, molto trafficati, ma anche aree rurali dove sono ben sviluppate agricoltura e zootecnia spesso intensiva, e aree industriali ormai completamente inglobate nei centri urbani. Senza dimenticare l’utilizzo non ancora pienamente consapevole e corretto di biomasse e legna per il riscaldamento domestico. Un mix di fonti che agisce sulle nostre città e che quindi deve prevedere misure trasversali per ogni settore emissivo.
Per il Piemonte i dati della qualità dell’aria registrano un miglioramento negli ultimi due anni ma bisogna contestualizzarli anche rispetto alle condizioni meteorologiche favorevoli in cui sono state numerose le precipitazioni che hanno favorito la dispersione degli inquinanti e quindi la conseguente riduzione delle concentrazioni.
Per il PM10:
Alessandria, che negli anni passati vedeva una situazione fortemente negativa, non registra superamenti alla soglia di legge, con 32 sforamenti giornalieri del limite di 50 ug/m3. Asti risulta fuori legge sulla centralina “D’acquisto” con 37 superamenti dei valori di riferimento. Torino supera i livelli normativi in quattro centraline delle cinque prese in esame: Grassi (36 sforamenti giornalieri); Lingotto (55 sforamenti giornalieri); Rebaudengo (55 sforamenti giornalieri); Rubino (41 sforamenti giornalieri). Non si registrano sforamenti relativi agli ossidi di azoto.
Per quanto riguarda l’NO2 in nessuna città si è registrato il superamento dei limiti delle medie annuali.
Ciò detto resta il fatto che dal 2030 i limiti normativi che entreranno in vigore saranno più stringenti e, a parte Biella, Cuneo e Verbania, nessun altro capoluogo risulterebbe entro i limiti.
Cosa fare?
Le scelte politiche necessarie per risolvere e migliorare gli scenari fin qui raccontati e registrati, devono essere molto più coraggiose e come cittadinanza dobbiamo pretendere che la nostra salute venga tutelata proprio a chi è responsabile della salvaguardia della salute delle persone, delle nostre amministrazioni a tutti i livelli comunali, regionali e nazionali.
Legambiente ha le sue proposte:
- Ripensare la mobilità urbana, mettendo le persone al centro: da un lato potenziare con forza il trasporto pubblico che deve essere convertito con soli mezzi elettrici entro il 2030, dall’altro avviare uno stop progressivo ma anche incisivo ai veicoli più inquinanti nei centri urbani, creando una rete diffusa di aree pedonali e percorsi ciclopedonali, perseguendo il modello della “città dei 15 minuti”, creando Low Emission Zones e usando politiche come Città30, già attivata con successo a Bologna, Olbia e Treviso.
- Accelerare la riconversione degli impianti di riscaldamento, mappando quelli esistenti e programmando l’abbandono progressivo delle caldaie a gasolio, carbone e metano in favore di sistemi come le pompe di calore a gas refrigeranti naturali;
- Intervenire sul settore agrozootecnico, specialmente nel bacino padano dove le condizioni geografiche e meteorologiche favoriscono l’accumulo di inquinanti, riducendo gli allevamenti intensivi e le conseguenti emissioni di metano e ammoniaca attraverso l’implementazione di buone pratiche come la copertura delle vasche e il controllo degli spandimenti;
- Integrare le politiche su clima, energia e qualità dell’aria, considerando anche il ruolo del metano nella formazione dell’ozono troposferico.
Gli esempi positivi ci sono, bisogna però accelerare…non la velocità delle auto, ma il lavoro per concretizzare le strategie, mettere in campo azioni e misurarne gli effetti.
A un anno dall’inserimento del limite dei 30 km/h a Bologna, i dati dicono che nel capoluogo emiliano oltre ad aumentare la sicurezza stradale (con nessun pedone ucciso e un calo del 31% degli incidenti più gravi) è anche diminuito del 29% l’inquinamento da traffico urbano.
Parigi che stando alle rilevazioni dell’Agenzia per l’urbanistica (Apur), sta uscendo dalla cappa di smog che l’ha sempre contraddistinta. Il merito? Le misure introdotte ostinatamente, fin dal suo primo giorno di mandato (peraltro rinnovato dai parigini nel 2020) dalla sindaca Anne Hidalgo: quasi 1.500 km di piste ciclabili protette e infrastrutture per le due ruote a pedali, zone a basse emissioni, rive dei fiumi trasformate in zone pedonali, principio della città in 15 minuti, divieto di circolazione per le auto nel centro, limitazioni ai diesel più vecchi e ai suv con tariffe di parcheggio più elevate, rimozione di 70.000 posti auto.
Cambiare strada, e quindi l’aria, è possibile, anche in tempi rapidi.
Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta è in prima linea in queste settimane, accendendo i riflettori sul tema.
Sul tema della mobilità e dei trasporti:
Con CGIL, Comis, Fridays For Future, Libera, Federconsumatori, UDU, Arci in Piemonte abbiamo dato il via ad una serie di Assemblee pubbliche. La prima venerdì 7 febbraio scorso a Torino, le prossime nelle altre province piemontesi. Un percorso vertenziale per salvare il traporto che ci salva dal declino economico, sociale e ambientale.
Sul tema agricoltura e zootecnia, con gli altri comitati di Legambiente delle Regioni Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto abbiamo scritto una lettera agli assessori delle nostre Regioni che hanno siglato l’Accordo del Bacino Padano e al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica per chiedere la riduzione e il monitoraggio delle emissioni da stalle, campi agricoli e risaie.
Non si può pensare di affrontare il problema dell’inquinamento atmosferico in Pianura Padana senza affrontare in maniera seria e strutturale i livelli di emissioni proventienti dal settore agrozootecnico. La richiesta includere il metano e l’ammoniaca tra gli inquinanti gassosi oggetto di monitoraggio e di misure di riduzione delle emissioni: stando agli inventari regionali, questi due gas pesano quasi quanto la metà di tutte le emissioni inquinanti, eppure non ne esiste una rete di monitoraggio atmosferico nè sono stati fissati obiettivi di riduzione coerenti con gli impegni europei di lotta all’inquinamento atmosferico. Perciò i piani regionali di risanamento dell’aria si devono far carico anche di questa fonte emissiva, sostenendo azioni di mitigazione ma anche programmi e strategie per la sostenibilità del settore zootecnico.
Giovedi 27 febbraio saremo a Torino con il nostro Forum Mobilità nell’ambito della campagna europea Clean Cities per affrontare e approfondire il tema della qualità dell’aria e le sfide che le città piemontesi devono affrontare.