Legambiente Piemonte e Valle d'Aosta

Deposito unico scorie nucleari
Legambiente: “È urgente realizzare il deposito ma all’interno del percorso della CNAI: no ad autocandidature di siti non idonei, come quella di Trino, grazie a modifiche ad hoc dei criteri di valutazione”

“Sulle autocandidature si sta compiendo un assurdo pasticcio all’italiana. Fondamentale attenersi al percorso scientifico individuato fino ad ora. Il deposito si faccia tra i 51 siti della CNAI, anche se fosse in Piemonte, ma non a Trino”

E’ fondamentale seguire rigorosamente il percorso messo in campo con la Carta Nazionale Aree Idonee, senza barricate da una parte o possibilità di assurde auto-candidature dall’altra – dichiara Alice De Marco presidente di Legambiente Piemonte e Valle d’Aosta dopo l’approvazione alla Camera dei Deputati del Decreto Energia (DL 181 del 9 dicembre 2023) – Individuare il sito più idoneo per realizzare il deposito, anche se questo fosse in Piemonte, vorrebbe dire conferire al meglio rifiuti che ancora vengono prodotti nel comparto medico-sanitario e chiudere definitivamente la triste storia del nucleare italiano, mettendo in massima sicurezza le scorie che per ora sono provvisoriamente depositate nel vercellese e nell’alessandrino. Per questo la nostra associazione, dalla sua direzione nazionale a quella regionale fino ai circoli locali presenti nei territori interessati (Legambiente Vercellese, Legambiente Ovadese e Circolo Verdeblu Legambiente Casale Monferrato), chiede un’applicazione rigorosa del percorso scientifico individuato dalla CNAI. Le sindromi Nimby (non nel mio giardino) e Nimto (non nel mio mandato) sono assurde, e dirsi eventualmente contrari al deposito come stiamo vedendo in queste ore, vuol dire far finta di non sapere che in Piemonte c’è quasi un quinto del volume dei rifiuti radioattivi d’Italia e quasi tre quarti dell’attività radioattiva nazionale”.

Secondo l’ultimo report prodotto dall’ISIN, l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, aggiornati al 31 dicembre 2022, infatti, in Piemonte ci sono 5.923 metri cubi di rifiuti radioattivi, il 19% di tutti quelli presenti in Italia (31.159 totali), con un’attività radioattiva complessiva di 1.977.410 GBq (Giga Becquerel) pari al 72,5% di quella complessiva dei rifiuti stoccati in Italia (2.726.354 GBq). I rifiuti radioattivi in Piemonte sono stoccati in 6 siti: il deposito di Bosco Marengo (590 mc per 35 GBq), l’impianto EUREX di Saluggia (2.885 mc per 1.966.552 GBq), il deposito Avogadro di Saluggia (87 mc per 398 GBq), il deposito LivaNova di Saluggia (571 mc per 294 GBq), Campoverde a Tortona (279 mc e 75 GBq) e l’ex centrale di Trino Vercellese (1.511 mc per 10.055 GBq).

Sulla questione aree idonee ad ospitare il Deposito nazionale delle scorie nucleari, ancora una volta si è fatto il solito pasticcio all’italiana. È stato già assurdo prevedere la possibilità di autocandidature anche da parte dei Comuni non compresi nella Cnai. Ora si sta facendo anche peggio cambiando le carte in tavola in corso d’opera. Pubblicata dal MASE a fine dicembre, oltre ad aver indicato i 51 siti idonei in 6 regioni della Penisola dove poter proseguire l’iter previsto per l’individuazione del sito, grazie al recente decreto-legge energia ha dato la possibilità di autocandidarsi, entro 90 giorni di tempo dalla pubblicazione della Carta, a quei Comuni le cui aree erano state ritenute non idonee fino alla recente modifica normativa. Ma l’assurdità è proseguita in questi giorni, dove nel decreto-legge Energia bis, l’articolo 11 reca numerose modifiche alla disciplina per l’individuazione del Deposito finalizzate a disciplinare un procedimento “alternativo”, che sulla base delle autocandidature arrivate – come quella di Trino – prevede la predisposizione di una Carta nazionale delle aree autocandidate (CNAA). Legambiente ha giudicato totalmente sbagliata e controproducente la possibilità di questo tipo di autocandidatura fin dall’inizio, perché lasciava prevedere un percorso poco rigoroso e poco attento alla sicurezza dei cittadini. A confermare i timori, purtroppo, nel nuovo decreto-legge energia bis, compaiono integrazioni quali: “eventuali aree autocandidate non presenti nella proposta di CNAI possano essere riconsiderate tenuto conto di vincoli territoriali nel frattempo decaduti o sostanzialmente modificati o per ragioni tecniche superabili con adeguate modifiche al progetto preliminare del Parco tecnologico”.   

Alla luce di ciò, Legambiente chiede chiarezza al ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica Gilberto Pichetto Fratin indirizzandogli al tempo stesso un appello. “Il governo Meloni non faccia gli stessi gravi errori dell’esecutivo Berlusconi nel 2003 – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente –. Il deposito serve, è sempre più urgente e si è perso già troppo tempo: va realizzato in uno dei 51 siti della CNAI, con un percorso trasparente e partecipato. Dobbiamo assolutamente evitare di ripetere gli errori del passato, come accaduto venti anni fa a Scanzano Ionico in Basilicata, dove la scelta è caduta dall’alto invece che essere frutto di una seria e attenta analisi tecnico scientifica e un’adeguata condivisione territoriale. L’autocandidatura deve essere valutata secondo gli stessi criteri che hanno caratterizzato gli altri 51 siti della CNAI, senza modifiche e sotterfugi. Altrimenti il rischio è di creare una nuova Scanzano che non ci possiamo più permettere”.  

Per individuare un sito in Italia dove questo deposito possa comportare i minori rischi possibili, il decreto legislativo 31 del 2010 prevedeva una procedura di selezione sulla base di criteri di esclusione fissati dalle Autorità di controllo nazionali ed internazionali, e sulla base di questa normativa Sogin ha definito, attraverso la stesura della CNAPI, 67 aree ritenute “potenzialmente idonee” sulle quali erano state presentate le osservazioni di Legambiente, dei cittadini e dei vari enti locali nel corso di un lungo, seppur tortuoso, percorso partecipativo.  Al termine di questa fase di ascolto e di osservazioni, è stata definita quindi la CNAI, in cui sono rimaste 51 aree ritenute idonee per ospitare il deposito unico nazionale. Dalla data di pubblicazione della CNAI, sono partiti infine 30 giorni per permettere ai Comuni con aree dichiarate “idonee” di autocandidarsi per la realizzazione del deposito. Ed è qui che arriva il solito pasticcio all’Italiana: gli enti territoriali le cui aree ritenute non idonee fino ad oggi (che non rientrano nella proposta di CNAI quindi), hanno potuto presentare la propria autocandidatura a ospitare il Deposito nazionale e il Parco tecnologico entro novanta giorni dalla pubblicazione della Carta e chiedere al MASE e alla Sogin di avviare una rivalutazione del territorio stesso, al fine di verificarne l’eventuale idoneità, anche applicando eventuali modifiche progettuali al deposito per eludere i criteri stringenti che, se applicati, renderebbero inidoneo il territorio autocandidatosi.